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Viticoltori da tre generazioni con un obiettivo: migliorare costantemente la qualità dei vini

ANITA (Ferrara) – Una passione per la viticoltura iniziata negli anni ’50 che continua grazie all’impegno delle nuove generazioni e alla voglia di migliorare e innovare le tecniche produttive e gli impianti. Questo è lo spirito che anima l’azienda Agricola Coatti gestita dai fratelli Giuliano e Claudio con il supporto di Alessandro Raffaelli, genero di Giuliano, giovane enologo e docente dell’ITAS (Istituto Tecnico Agrario) di Ravenna, che segue costantemente il miglioramento del vigneto e delle uve prodotte, di varietà Trebbiano e Longanesi Bursôn.

“La famiglia Coatti si è insediata nel territorio di Anita, nell’argentano, negli anni ’30 – spiega Giuliano Coatti – e il capofamiglia Benvenuto, che all’epoca aveva dieci anni, ha iniziato a lavorare come bracciante nelle risaie e per la lavorazione della canapa. Poi c’è stata la dura parentesi della guerra, durante la quale Benvenuto ha aderito alla Brigata Partigiana Garibaldi per la difesa del territorio dai nazifascisti. Nel 1955 l’Ente Delta Padano nell’ambito del programma di sostegno e di promozione sociale per i braccianti e i contadini finalizzato a favorire l’accesso alla tanto attesa proprietà della terra, ha assegnato 12 ettari alla famiglia Coatti, con l’impegno di ripagarlo in 30 anni. Da quel momento è iniziata la produzione vitivinicola della nostra famiglia che porto avanti, dopo la morte di mio padre, insieme a mio fratello Claudio, mentre mia sorella e gli altri due fratelli hanno preso direzioni diverse, anche se rimaniamo una famiglia molto unita. Attualmente – continua Claudio – coltiviamo 8 ettari a Trebbiano e Longanesi Bursôn, un vino tipico del ravennate, della zona di Bagnacavallo, che prende il nome dalla famiglia che negli anni ’50 salvò questo vitigno dall’estinzione. Le uve Longanesi sono davvero particolari, oserei dire uniche, e da loro si ottengono quali si ottengono due versioni di Bursôn: etichetta Blu ed etichetta nera, in base al tipo di vinificazione, che dal 2007 hanno anche l’IGT (Indicazione Geografica Tipica). Nei terreni sabbiosi del ferrarese questo vitigno cresce bene e ci dà soddisfazioni dal punto di vista produttivo e della qualità delle uve. Quest’anno, però, sono mancati all’appello circa 400 quintali di uva a causa degli eventi climatici, dalle gelate alla siccità, fino alle grandinate di luglio che hanno colpito tutto il territorio ferrarese.”

“E proprio questa annata – continua Giuliano Coatti – ci insegna che non ci si può mai fermare e che il miglioramento del vigneto e delle tecniche produttive deve essere il principale obiettivo delle aziende vitivinicole e più in generale frutticole.  Adesso, insieme a mio genero che è enologo ed esperto di viticoltura, stiamo valutando dei nuovi impianti con portinnesti che siano in grado di sopportare meglio le sfide climatiche perché una cosa l’abbiamo imparata in questi anni: occorre guardare al futuro e nel futuro si riuscirà a produrre vini di qualità solo con un occhio attento al miglioramento tecnico e genetico. Spero che mia figlia Emi che porterà avanti l’azienda supportata appunto dalla mia esperienza e dalla competenza tecnica del marito, riuscirà a mantenere viva una tradizione che non è solo un patrimonio agricolo e culturale della mia famiglia, ma fa parte di un territorio dalle grandi potenzialità produttive, che forse non viene ancora pienamente valorizzato a livello vitivinicolo”.

Articolo pubblicato su Agrimpresa di gennaio

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