Vendite attrezzature non a norma

L’art. 23, comma 1 e 2, del D.Lgs. n. 81/2008, stabilisce che «Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione».

Questa disposizione deve essere necessariamente letta in combinato disposto con l’art. 72 del D.Lgs. n. 81/2008, in base al quale «Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi o utensili costruiti o messi in servizio al di fuori della disciplina di cui all’articolo 70, comma 1, attesta, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V».

La violazione del divieto sancito nell’art. 23 del D.Lgs. n. 81/2008 ha, come si è visto, notevoli riflessi sul piano della responsabilità penale in quanto i fabbricanti e i venditori sono puniti con l’arresto da tre a sei mesi o ammenda da 10.960,00 a 43.840,00 euro (art. 57, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008), per altro potrebbe fungere da circostanza aggravante per il datore di lavoro acquirente in caso d’infortunio l’aver stipulato un contratto di acquisto di un’attrezzatura di cui era consapevole della sua non conformità alla normativa tecnica (artt. 589, 590 del codice civile).

Qualora, poi, siano state indicate clausole contrattuali come “visto e piaciuto” (a titolo non esaustivo), le stesse non possono che far riferimento alle condizioni di funzionalità dell’apparecchio e non a quelle di sicurezza in quanto queste ultime hanno carattere d’inderogabilità anche verso il costruttore o il venditore anch’essi come si è visto debitori di sicurezza.

Sul piano della responsabilità civile i riflessi, inoltre, si determina la nullità del contratto di vendita per l’illiceità dell’oggetto, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 del codice civile, con l’obbligo per la parte venditrice di rimborsare ogni somma versata dall’acquirente e fatto salvo il diritto di quest’ultimo di agire per il risarcimento dei danni.

Quindi non è possibile la vendita di trattori agricoli non a norma in qualsiasi forma e tra chiunque a meno che l’attrezzatura non venga venduta non funzionante come rottame o venga venduta come cimelio storico da esposizione, con preclusione al suo utilizzo come mezzo di lavoro.

Con l’Interpello n.1 del 13 Dicembre 2017 e la Sentenza della Cassazione Penale, Sez. 3, 01 ottobre 2013, n. 40590, si dichiara che è possibile la vendita di una macchina non a norma “laddove la vendita venga effettuata per un esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione, una volta ripristinata e messa a norma”.

Ciò può avvenire, ad esempio, quando il macchinario viene venduto ad una ditta specializzata nella riparazione per la messa a norma “con compiti ben specificati che inibiscono una utilizzazione successiva mediata tramite il venditore all’origine”.

A questo proposito, nella pronuncia della Sentenza della Cassazione Penale, Sez. 3, 01 ottobre 2013, n. 40590, viene indicato che “non può ritenersi vietata la vendita di un macchinario in quanto avente uno scopo ben circoscritto, senza alcuna previsione di utilizzazione.” E ciò sulla base di “un principio di ragionevolezza, non disgiunto da una regola di ordine economico generale […], fermo restando che è vietato l’impiego di macchinari non a norma con la conseguenza che una vendita di prodotti di tal fatta è, di regola, vietata stante la conseguenzialità e normalità dell’impiego della macchina nel ciclo produttivo”.

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