Macfrut: Cia e Crea, rafforzare il settore con l’innovazione genetica grazie al progetto “Biotech”
Claudio Ferri
RIMINI – “I cambiamenti stanno sconvolgendo i canoni tradizionali di coltivazione e produzione. Negli ultimi anni sono state ritirate dal mercato alcune molecole importanti da utilizzate in ortofrutticoltura, presidi sanitari che, in parte, contenevano fitopatie accelerate dai mutamenti del clima. Purtroppo, non sono state offerte valide alternative ai produttori”.
Lo ha detto Cristiano Fini, presidente Cia Agricoltori Italiani nell’evento formativo congiunto organizzato dalla Confederazione nazionale e Crea a Macfrut di Rimini Expo Centre. “La ricerca sta dando risposte, anche in termini di sostenibilità ambientale, e siamo certi che i pregiudizi verso le nuove tecnologie vadano messi da parte. Sul tema della ricerca genetica, che va incentivata – ha proseguito -, abbiamo assistito a passi in avanti evidenti senza i quali non saremmo riusciti ad ottenere alte produttività e, probabilmente, l’offerta alimentare nel mondo non sarebbe arrivata ai livelli attuali. Il fatto stesso che con il conflitto bellico in atto l’Ucraina non riesca a produrre a pieno regime, comporta scompensi nei mercati e nell’approvvigionamento di cereali: è un indicatore importante”.
Ci sono, quindi, le condizioni per andare avanti anche se la filiera ortofrutticola ha avuto, a giudizio di Fini, “problemi enormi sul piano della produttività: fitopatie, siccità in primis. Come agricoltori ci scontriamo con soggetti che vedono la ricerca genetica ‘un male’, mentre in realtà dà un supporto importante. Spesso, si confonde la genetica con un fattore estraneo alla natura, come un elemento che comporta rischi per le persone. La ricerca è indispensabile, mettendo però al centro quella pubblica, che deve dialogare con quella privata, perché è un patrimonio di tutti. Alcune produzioni, in particolare quelle frutticole, vivono momenti drammatici in tutta la penisola e necessitano supporti dalla scienza. Dobbiamo comunicare al consumatore che produrre in modo sostenibile ha un costo – ha detto infine Fini – e far comprendere che non è egoismo imprenditoriale se investono qualche euro in più per derrate alimentari: alle spalle, c’è un lavoro sapiente di agricoltori”.
È in questa direzione che va “Biotech”, il primo grande progetto nazionale sul miglioramento genetico vegetale. Coordinato dal Crea, rappresenta la risposta di ricerca e innovazione, 100% tricolore, a misura dell’agricoltura Made in Italy, per sviluppare piante più green e più resistenti ai cambiamenti climatici e alle malattie. Una evoluzione necessaria per rispondere alle esigenze di maggiore sostenibilità, sollecitate dalla transizione verde, tutelando, al contempo, produttività e competitività delle coltivazioni.
Fini, Cia: “La ricerca sta dando risposte anche in termini di sostenibilità ambientale, i pregiudizi verso le nuove tecnologie vanno messi da parte”
Il progetto “Biotech” intende costruire un know-how scientifico che contribuisca a trasformare le conoscenze relative ai genomi delle diverse specie in prodotti migliorati, sempre più competitivi e autenticamente italiani. D’altra parte, la strada dell’innovazione genetica è indispensabile per fronteggiare gli effetti del ‘climate change’ sui campi. Solo nell’ultimo anno, gli eventi estremi sono quasi raddoppiati, tra gelate tardive, bombe d’acqua, ondate di calore, siccità, con un aumento di cinque volte delle perdite di raccolto di frutta e verdura.
I danni economici dovuti alla maggiore frequenza di eventi estremi legati al clima ammontano già, in media, a oltre 12 miliardi di euro l’anno in Ue, un miliardo solo in Italia, e ormai i fattori climatici, da soli, spiegano tra il 20% e il 49% delle fluttuazioni del rendimento agricolo. Una variabile sempre più ingestibile, quindi, anche per le oltre 300 mila aziende dell’ortofrutta italiana che, per assicurare l’aumento delle rese, ridurre l’impatto di prodotti chimici, consumare meno suolo e meno acqua, hanno bisogno di alternative sfidanti e varietà più resistenti.
L’introduzione di tecniche in grado di accelerare e rendere più efficiente il miglioramento genetico, permette di avere piante più resistenti alle malattie, con una conseguente riduzione dei fitofarmaci, e di migliorare la tolleranza delle colture allo stress idrico e salino, in una parola, consente di rendere le piante più vicine ai bisogni della società.
Per l’ortofrutta tipica italiana questo vuol dire, ad esempio, ridurre l’uso di pesticidi, introducendo per via genetica la resistenza ai funghi parassiti nella vite, alle orobanche infestanti nei pomodori o alla peronospora nel basilico; così come combattere la batteriosi del kiwi o la ticchiolatura del melo. Tutto, mantenendo o innalzando le qualità nutrizionali delle colture e con una più elevata conservabilità post raccolta, in un’ottica anti spreco.
Non c’è agricoltura senza genetica e, se il clima cambia, devono cambiare anche le piante che coltiviamo. In questo contesto, le nuove tecnologie per l’evoluzione assistita (Tea o new breeding technique) sono uno strumento fondamentale (e non Ogm) per dare un futuro all’agricoltura italiana. “Biotech” sviluppa queste conoscenze e le mette a disposizione, per il progresso del settore, in una serie di incontri con le associazioni degli agricoltori, e questo è il primo.
Il cuore scientifico del progetto “Biotech” è rappresentato dall’applicazione, in particolare, della cisgenesi e del genome editing, che non hanno nulla a che vedere con gli Organismi geneticamente modificati. Il genome editing non presuppone inserimento di geni estranei provenienti da altre specie, ma opera internamente al Dna della pianta oggetto di miglioramento, inducendo una mutazione del tutto equivalente a quelle che si generano in natura. Si perfeziona, quindi, il corredo genetico delle piante, ma con maggiore precisione e rapidità, tempi e costi minori e più adattabilità alle tipicità dei territori. L’innovazione genetica è uno degli asset strategici per il futuro dell’agricoltura. Per questo, ora serve che l’Europa superi l’attuale normativa ormai obsoleta.
C’è molta attesa, infine, sui risultati della consultazione pubblica sulle nuove tecniche genomiche, aperta il 29 aprile dalla Commissione Ue, per arrivare a una proposta di legge il prima possibile.