26/5/2017 – Nel piacentino cala la coltivazione del melone

Giuseppe Romagnoli
PIACENZA – Un dato di fatto: oggi comanda il mercato (Gdo) ed ogni scelta colturale, ogni strategia aziendale deve essere commisurata ai costi ed alle richieste commerciali. L’agricoltore ogni anno deve prefigurare i propri investimenti in modo attento ed anche un po’ originale.
Anche l’agricoltura piacentina, ha palesato un momento di particolare difficoltà legata, come facile immaginare, al momento economico particolarmente critico non solo per la filiera agroalimentare, ma per tutti i comparti produttivi a livello europeo e mondiale. Oggi alcuni dati paiono fortunatamente in lieve controtendenza e lo stato di salute dell’economia agricola del territorio sembra manifestare leggeri segnali di ripresa, anche se prudenzialmente potremmo definirla “stazionaria” o “in linea” con l’andamento dell’intera agricoltura nazionale.
Il comparto agricolo piacentino è caratterizzato da produzioni che rappresentano al meglio la composizione e la natura del territorio: c’è un’agricoltura di pianura fino a 200 metri di altitudine, una di collina fino a 600 metri e una di montagna oltre i 600 metri. Le coltivazioni caratteristiche della provincia sono rappresentate da colture erbacee cerealicole, cerealicolo-zootecniche, erbacee industriali, orticole e arboree.
Accanto alle tradizionali ci sono poi quelle “di nicchia”, alcune, come quella dell’aglio che è in costante crescita (dopo un decennio di crisi nel quale ha quasi rischiato di scomparire causa la concorrenza cinese), altre, come quella dei meloni, in questi ultimi due anni ha subito un decremento sensibile. La causa? Costi troppo elevati e prezzi bassi.
Corsi e ricorsi storici! La coltivazione del melone è dunque oggi modesta, concentrata nella fascia lungo il Po o nella Bassa. “Il mercato – precisa Salvatore Gorra del Consorzio Bristol (nato nel 1999, con l’obiettivo di commercializzare meloni e angurie di alta qualità, prodotti con le migliori tecniche e con rispetto per la sanità del frutto e per l’ambiente) in questo momento va poco bene, un po’ per la produzione piuttosto elevata e la richiesta per ora scarsa, causa anche le basse temperature nei primi 15 giorni di maggio. Nel piacentino si coltiva quasi esclusivamente il retinato, ma è così un po’in tutte le regioni (soprattutto nel vicino mantovano); quelle del Sud sono in grado di anticipare il mercato, mentre nella provincia di Piacenza la produzione è concentrata in luglio ed agosto con un prodotto di discreta qualità, 20-50 ettari in base agli anni, una media di 40, con 15 produttori. Ma è evidente che, in questi mesi dove la produzione è al top, i prezzi inevitabilmente diminuiscono”.
Ha le idee chiare Luigi Dattilini produttore di Caorso:” unica possibilità di “strappare” prezzi adeguati è quella dell’export; all’estero il melone ha un mercato ben diverso (soprattutto Germania) da quello italiano. I miei investimenti sono in calo; quest’anno solo un ettaro e mezzo. Ci troviamo a fronteggiare un mercato italiano difficile, poco regolamentato, che varia in base alle stagioni. Per la coltivazione utilizziamo pacciamatura biodegradabile, irrigazione a goccia e tessuto non tessuto per l’impollinazione contemporanea con le api. Questa metodica garantisce una certa uniformità di pezzatura così come richiede il mercato estero, tra il Kg e Kg e mezzo. Se il peso sale, scende il prezzo. Le api sono dunque per noi indispensabili e non potendole più tenere a causa di un’allergia, mi sono accordato con un vicino che ha collocato le arnie vicino alle coltivazioni. Una sinergia indispensabile tra noi agricoltori!
Produco la tipologia di melone retinato, con scanalature, una coltivazione che predilige il caldo, possibilmente ventilato per evitare odio e peronospora. Pochi i nemici dunque, ma per queste patologie è necessario il trattamento per via aerea con prodotti rispettosi dei pronubi! Per gli afidi è invece possibile utilizzare il prodotto tramite gli irrigatori.
La pacciamatura è dunque fondamentale. Se piove in modo non eccessivo evita penetrazione eccessiva. La raccolta è necessariamente manuale e questo è uno dei costi più rilevanti per questa coltivazione”.